Sara Fiorentini e la sua tesi di laurea sull’arte di Peccioli
Sara Fiorentini è un’insegnante di storia dell’arte e di sostegno nella scuola secondaria, oltre che una giovane moglie e mamma.
Si è laureata a Pisa, nell’anno accademico 2012/2013 nel Corso di laurea Specialistica di Storia dell’arte con una tesi dal titolo: “La Cappella della Santissima Assunta in San Verano a Peccioli: da Oratorio a Museo d’Arte Sacra”, con la prof.ssa di Museologia Antonella Gioli.
“La scelta di fare una tesi di museologia è avvenuta naturalmente, grazie alle lezioni del prof. Spalletti prima e a quelle dalla prof.ssa Gioli poi. Mi sono interessata alla materia studiando la storia del collezionismo italiano, quindi le botteghe degli artisti, gli studioli, quello di Isabella d’Este in particolare, le gallerie nobiliari ecc. La museologia mi ha conquistata perché è la ricerca dell’essenza del museo”.
Sara ha collaborato dal 2007 con la Fondazione Peccioli per l’Arte, in particolare, ha assiduamente prestato servizio come operatore museale all’interno del Museo di Arte Sacra. Questo spazio espositivo è stato inaugurato il 25 ottobre del 2009, nell’Oratorio della Santissima Assunta, annesso alla Chiesa di San Verano.
L’oratorio presentava già un proprio apparato decorativo, mantenuto durante l’allestimento del museo e costituito dall’altare in pietra con la pala di Giovanni Bilivert, due tele laterali all’altare raffiguranti Sant’Agata e Sant’Apollonia, gli stalli lignei, il soffitto ligneo e le sue tre tele.
Durante l’esperienza lavorativa al Museo di Arte Sacra è nato in lei il desiderio di studiare in maniera approfondita l’Oratorio, la Compagnia di cui era sede e la Chiesa di San Verano. “Avevo la volontà di conoscere e far conoscere le opere d’arte che mi circondavano da sempre. E’ stato facile proporre alla mia docente questo argomento, in quanto ha compreso e condiviso il mio entusiasmo.”
L’indagine di Sara è iniziata con le ricerche d’archivio. Tali studi sono stati fruttuosi perché hanno consentito di datare e di attribuire alcune opere anonime, come le tele raffiguranti Sant’Agata, Sant’Apollonia, il Soffitto ligneo e le sue tre tele. Lo studio effettuato da Sara ha inoltre permesso di comprendere meglio la storia di molte opere in base alla loro collocazione all’interno della chiesa.
In particolare, ci piace qui riportare una cronaca seicentesca inedita, trascritta da Sara Fiorentini dal Libro dei Partiti della Compagnia del Santissimo Sacramento. In questa memoria si ricorda che finita la processione illuminata con torce a vento, i sagrestani riposero le torce nei cassoni non completamente spente, queste ripresero fuoco, bruciando l’altare e il soffitto della navata centrale. L’incendio divampò mentre i pecciolesi dormivano…
“La sera della Santissima Annunciata, lì 25 marzo 1688 come sopra, andando conforme il solito pricissionalmente le compagnie dell’Assunta, San Jacopo, alla Chiesa delli Padri Cappuccini, ritornando vicino alle tre di notte, alcuni spensierati sagrestani posero le torce a vento nel cassone solito porsi mezze spente, le quali riaccendendosi di nuovo abbruciarono il cassone … e invigorita l’accesa fiamma o fiaccola al vento, che gagliardo tirava … rapidamente arrivò all’altare maggiore ardendo la soffitta della navata di mezzo, e perché l’hora era di quattro hore, quando tutti doppo la colatione erano andati a dormire, nessuno s’avvedde del fuoco, che hebbe tempo a lavorare sotto e quando fu scoperta la voraginosa fiamma, non si potette riparare che non ardesse del tutto; con tanto rammarico e grida del popolo, che scopertosi il fuoco. Saliva confuso sopra il tetto della chiesa, alcuni entravano in questa cercando di cansare (spostare), e portare, e salvare le robe d’essa, ma i’ molti si ritirarono per non rimanere sotto le travi, o’ mattoni, che rovinavano accesi, et a pena si salvò il ciborio del Santissimo Sacramento accorsovi il m. Reverendo Preposto e il Padre predicatore; per tutta la piazza, come di giorno era illuminata da torce accese, lumi, candele e tutte le robi che si salvarono, si mettevano in Podesteria, notte veramente travagliosa, per le strade piangevano le donne dicendo è abbruciata la nostra chiesa, percotendosi il petto, gl’huomini urlavano, correvano sospirando di non potere con l’acqua, con gli archibusi, spegnere il fuoco; delle donne chi si venne meno, chi si fuggì, dubitando che non entrasse in casa, et era peggio incomparatibilmente se entrava nella compagnia dell’Assunta, che di quivi si sarebbe inoltrato per tutto Peccioli, potendo abruciarlo mezzo; finalmente placandosi l’ira divina si spense. Ma la mattina, s’accrebbero i sospiri, vedendosi la rovina, e minutamente considerandosi il danno, trovandosi incenerita la navata di mezzo da cima fine in fondo …
l’organo, non vi lassando il fuoco, vestigio alcuno di esso, né in che luogo fusse situato stando sopra la porta della chiesa, che riesce nella loggia, in faccia al fiume[1] era l’armadio dove stavano serrati tutti li paramenti della Santissima Madonna delle grazie, che ve ne erano delli ricchi, fregiati d’oro e delli nuovi ancora[2].
La mattina adunque si cominciò a cavare le travi, e travicelli arsi, cavare li sassi che se ne fece massa, delli uni e degl’altri, ponendo il tutto ai luoghi determinati, fra tanto si discorse del modo di trovare denari per resarcire la sbranata chiesa, e perché v’era chi diceva delli periti del murare, che per ricoprire ci volevano vicino a scudi duemila (14.000 lire), si smanino i pecciolesi, in considerare dove si potessero trovare in sì gran somma, fu resoluto supplicare l’Altezza Serenissima Nostro Signore[3] che si compiacessi aiutare a risarcirla e si offerse andare a Sua Altezza il Reverendo Padre Antonio da Livorno, Cappuccino, stato predicatore in Peccioli, la scorsa quaresima,, e volse che gli facesse compagnia il Reverendo Proposto Bernardeschi, che andarono e riportono, che Sua Altezza Serenissima gli aveva risposto così andate, che si sono già dati gli ordini di rifare la chiesa, che si restaurerà in più bella di prima; con questo rilevante assegnamento si stette in speranza due mesi circa quando poi si sentì che la speranza era vana né si seppe, ma di certo, da che cosa procedessi, tale raffreddamento e variamente si discorse che non occorre porre qualcuno particolare in carta, non sapendosi, chi desse il contrario consiglio all’Altezza Serenissima visto adunque il caso disperato di ricevere subsidio dalla liberalità del Serenissimo Padrone, si ricorse primiaramente all’aiuto non mai mancante, fermo, stabile della Divina Maestà con l’intercessione della Santissima Vergine Maria, di San Verano protettore di tutta la corte celeste stando per tre giorni continovi e notti, una fanciulla recitava il rosario della Santissima Vergine in casa loro e tutte le fanciulle di Peccioli fecero la sua hora, che furono in tutto circa 75, e la Domenica mattina si sacramentono digiunando il sabato. Finalmente mosso a pietà il Signore Dio, inspirò nell’animo i pecciolesi, che s’unissero a restaurare la chiesa, i quali erano disuniti e il castello inviluppato nell’inimicitia, e fecero il vanto e si sottomisero, di dare tutti secondo la sua possibilità, e con il partito, che propose alli fratelli della Venerabile compagnia dell’Assunta di scudi cento (700 lire) e con denari, materiali, che donavano alla fabbrica, li Signori Gentiluomini Cammillo Gaddi, Pucci, Almeni et altri: e con la fatica degli huomini, donne, che andavano a pigliare i materiali cinque e sei miglia lontano, et al suono della campana la mattina per tempo si mettevano in viaggio processionalmente e processionalmente carichi ogn’uno di tegoli, embrici, con messer Reverendo Proposto di Peccioli e suo cappellano portavano alla chiesa cantando le litanie della Madonna, con tacita sollecitudine e volontà, che sono stati ammirati i forestieri, destando nei petti tensione e ammiratione non poca, perché fin che ragazzi e fanciulle gl’era messo peso più di quello che comportano le di loro forze, ma quello che maggiore stupore che le principali del castello non si vergognavano di fare simili viaggi, e portare al pari degl’altri, li mattoni e così tutti mandarono le bestie da soma, et i bovi carichi di travi e così l’opera sapeva industria, buon ordine di quattro sopraintendenti de la fabbrica, F. Carlo Baldasserini, Pasquale Ciabatti, Conte Cosimo Cipollini, Carlo Mariotti, fatto dalli tre provvisori che sia veramente immortalato con lode universale essendo risquotitore e camerlingo il dottor Cetrai finalmente in termine del mese si è ricoperta la chiesa alli ultimi di quel mese di novembre ad honore e gloria dell’Altissimo e si va tuttavia lavorando, rintonacando la chiesa”.
“La cronaca dell’incendio del 1688 ricorda un momento significativo della storia pecciolese, infatti, nella prima parte del testo, lo scrittore trasmette la sofferenza e lo sconforto provati dai pecciolesi in quei momenti, quando la loro chiesa, simbolo della comunità, stava prendendo fuoco. Tuttavia è la seconda parte del testo che mi piace sottolineare, in cui lo scrittore trasmette una grande forza di volontà della popolazione, una forza scandita dal suono della campana mattutina. Una campana che ancora oggi suona e scandisce il nostro tempo avendo la fortuna di abitare in questo luogo.”
Sara Fiorentini, Tesi di Laurea, La Cappella della Santissima Assunta in San Verano di Peccioli: da Oratorio a Museo d’Arte Sacra.
Sara Fiorentini desidera ringraziare Irene Barbensi, Arianna Merlini, Francesca Papini e Lara Dell’Unto
[1] La loggia aperta lungo la facciata ovest della Chiesa era stata costruita precedentemente al 1688, infatti, in altri documenti, viene già citata dall’anno 1617.
[2] E’ la tavola raffigurante la Madonna col bambino e due angeli realizzata nella prima metà del 1200, attribuita al pittore Enrico di Tedice e conservata nel Museo d’arte sacra di Peccioli.
[3] Il Granduca di Toscana Cosimo III.